Cervello multilingue e monolingue: spunti per un confronto
- elisa zordan
- Jan 23, 2023
- 6 min read
Il multilinguismo è la capacità cognitiva degli esseri umani di acquisire diverse lingue e utilizzarle correttamente nella comunità cui appartengono. La cognizione è definita dall'Oxford dictionary come "the mental action or process of acquiring knowledge and understanding through thought, experience, and the senses", cioè l'azione mentale o il processo di acquisizione della conoscenza e di comprensione attraverso il pensiero, l'esperienza, e i sensi". Nell'ultimo secolo si sono avanzate varie ipotesi in merito all'influenza che il multilinguismo ha nelle capacità cognitive delle persone. Le questioni di ricerca aperte sono ancora numerose. Eccone una (brevissima) carrellata.
Acquisizione fonologica
Abbiamo tutti due orecchie, giusto? E, salvo deficit dell'udito, dovremmo tutti sentire le stesse cose, non è vero? Purtroppo non è così. I bambini monolingui a 2-4 mesi iniziano a discriminare lingue all'interno della stessa classe ritmica, per poi andare incontro a un restringimento percettivo (perceptual narrowing) attorno agli 8 mesi e non riuscire dunque più a distinguere, per esempio, i tratti soprasegmentali dello spagnolo dall'italiano (1). I bambini bilingui, invece, ritardano tale restringimento di diversi mesi, quindi hanno questo, seppur limitato, vantaggio cognitivo temporaneo. Per tutta la vita, però, avranno la possibilità di restare "sensibili" alle differenze fonemiche presenti nel loro più ampio bagaglio fonemico. I monolingui, invece, avranno a disposizione soltanto un alfabeto fonetico e dovranno imparare da zero tutti contrasti fra consonanti e vocali non native. Avete mai provato a destreggiarvi con le vocali in francese?
E' curioso inoltre osservare che a 4-6 mesi la capacità di discriminare lingue diverse possa essere anche visiva. A quell'età i monolingui discriminano visivamente la loro lingua da un'altra, esattamente come i bilingui, che però conservano questa capacità oltre gli 8 mesi d'età (2).
In aggiunta, secondo alcuni studi che applicano il metodo della visual orientation latency measure, sembrerebbe che i bambini bilingui siano spontaneamente più interessati alle lingue sconosciute che a quelle di loro conoscenza.
Acquisizione lessicale e denominazione
E' comune per un bilingue non riuscire a richiamare alla mente la traduzione di un termine. In generale, i tempi di denominazione sono più lenti per i bilingui, probabilmente anche perché la frequenza d'uso delle parole in una lingua è minore, idealmente la metà.
E come fanno i bambini a dare più di un'etichetta allo stesso oggetto? I monolingui, posti di fronte a due oggetti, per esempio una scarpa che sanno chiamarsi scarpa e un oggetto sconosciuto, sanno che se viene chiesto loro di prendere una scarpa prendono una scarpa, e se viene chiesto di prendere una cosa che non hanno mai sentito nominare, dovranno con ogni probabilità prendere l'oggetto sconosciuto. Questo è, a grandi linee, il meccanismo di disambiguazione. Cosa succede per i bilingui? Avere più di un'etichetta per lo stesso oggetto confonde le idee, e la disambiguazione diventa marginale (3). Una strategia dei bilingui, che può portare in errore, è quella di "distribuire" le etichette (l'uso del verbo "distribuire" in questo contesto è una mia invenzione). Immaginiamo di essere un bilingue italiano-inglese e di avere di fronte una scarpa e un cucchiaio e: 1) sapere che la scarpa si chiama "scarpa" in italiano; 2) non avere una traduzione di scarpa in inglese 3) non avere un'etichetta né in italiano, né in inglese di cucchiaio. Se mi viene chiesto quale fra i due oggetti corrisponda alla parola "shoe", tenderò a indicare erroneamente il cucchiaio, quello sprovvisto di etichetta, visto che per scarpa ho già un'etichetta in italiano. Quindi il bilinguismo può interferire con la corretta associazione parola-oggetto.
In aggiunta, alcuni test di misurazione del vocabolario ricettivo dei bambini sembrano evidenziare un minore bagaglio lessicale dei bilingui (4), anche se è facile sostenere che sia l'uso a determinare la conoscenza linguistica e che quindi un bambino bilingue italiano-romeno che a casa parla in rumeno e a scuola in italiano sarà esperto del lessico casalingo in rumeno ma molto meno in italiano, mentre invece nel lessico scolastico sarà competente quanto un monolingue italiano.
Funzioni esecutive
Il multilinguismo è una ginnastica mentale. Diversi studi sul cosiddetto vantaggio bilingue hanno contribuito a corroborare l'ipotesi che la conoscenza linguistica e quella cognitiva non verbale condividano alcune risorse e convergano su un meccanismo cognitivo di base. Per esempio, pare che il multilinguismo (come vedremo, a certe condizioni) eserciti il controllo inibitorio (5) e giovi alla performance di alcune funzioni esecutive. I bilingui sembrerebbero dunque più bravi a ignorare (inibire) stimoli irrilevanti e a concentrarsi nella soluzione di problemi. Per i bambini fino ai 5 anni, un migliore controllo inibitorio porta dei vantaggi anche dal punto di vista sociale: esso è necessario per "sopprimere" la propria credenza e mettersi nei panni degli altri per intuirne gli stati mentali. I bambini sotto ai 5 anni proiettano la propria opinione della realtà sugli altri, arrivando solo verso i 4-5 ad acquisire la capacità di attribuire credenze, desideri e intenzioni a se stessi e agli altri e a prevedere e interpretare il comportamento degli altri. Questa capacità, chiamata Teoria della Mente, sembra essere più elevata nei bambini bilingui (6).
I vantaggi citati, tuttavia, rimangono tendenzialmente circoscritti all'età infantile e senile (7) e sono influenzati dal contesto d'uso delle lingue parlate, semplificando: più frequente e trasversale ai vari contesti di vita è il cambio di lingua, più viene esercitato il controllo inibitorio; per converso più separati sono i contesti in cui si parlano le lingue conosciute, meno viene esercitato il controllo inibitorio. Cioè se sei un adulto che parla a casa in rumeno e a lavoro e con gli amici in italiano, potresti essere bravo quanto un monolingue italiano a inibire stimoli non pertinenti.
Giudizi e percezione
Pensare in una seconda lingua sembra avere delle importanti ripercussioni per i bilingui sbilanciati. Pare addirittura che, se pensiamo in L2, le scelte che prendiamo siano più utilitaristiche e meno deontologiche (8), e che andiamo incontro a meno bias cognitivi (9)(10). La letteratura sembra quindi suggerire che le decisioni e i giudizi dipendano in una certa misura e in certi casi dal livello di conoscenza della lingua con la quale ci si esprime.
Ma per quanto riguarda i bilingui bilanciati, come varia la loro visione del mondo rispetto ai monolingui? Se facciamo scendere in campo la tesi della relatività linguistica, possiamo affermare che la lingua che parliamo influenza molti aspetti della nostra percezione e del nostro pensiero, ne consegue quindi che un bilingue sia influenzato non da una, ma da due lingue. Abbiamo già anticipato che un bilingue ha un ampliamento percettivo uditivo, cioè è in grado di percepire le differenze fonologiche di tutte le lingue che conosce. Secondo alcuni studi, è influenzata dalla lingua che parliamo anche la percezione del colore (11). Ciò potrebbe suggerire che, più lingue conosciamo, più ampliamo il nostro repertorio di modalità per organizzare i dati sensoriali e esperire il nostro ambiente. Una persona bilingue potrebbe avere una capacità percettiva ampliata e, se questo è vero, una visione del mondo arricchita rispetto a chi conosce una lingua sola.
Bibliografia e note
(1) Questi test vengono svolti somministrando registrazioni "low pass filtered", cioè privati dei tratti segmentali.
(2) Weikum WM, Vouloumanos A, Navarra J, Soto-Faraco S, Sebastián-Gallés N, Werker JF. Visual language discrimination in infancy. Science. 2007 May 25;316(5828):1159. doi: 10.1126/science.1137686. PMID: 17525331.
(3) Byers-Heinlein K, Werker JF. Monolingual, bilingual, trilingual: infants' language experience influences the development of a word-learning heuristic. Dev Sci. 2009 Sep;12(5):815-23. doi: 10.1111/j.1467-7687.2009.00902.x. PMID: 19702772.
(4) Bialystok E, Luk G, Peets KF, Yang S. Receptive vocabulary differences in monolingual and bilingual children. Biling (Camb Engl). 2010 Oct;13(4):525-531. doi: 10.1017/S1366728909990423. PMID: 25750580; PMCID: PMC4349351.
(5) Bialystok E, Martin MM. Attention and inhibition in bilingual children: evidence from the dimensional change card sort task. Dev Sci. 2004 Jun;7(3):325-39. doi: 10.1111/j.1467-7687.2004.00351.x. PMID: 15595373.
(6) Kovács AM. Early bilingualism enhances mechanisms of false-belief reasoning. Dev Sci. 2009 Jan;12(1):48-54. doi: 10.1111/j.1467-7687.2008.00742.x. PMID: 19120412.
(7) Bialystok E, Craik FI, Klein R, Viswanathan M. Bilingualism, aging, and cognitive control: evidence from the Simon task. Psychol Aging. 2004 Jun;19(2):290-303. doi: 10.1037/0882-7974.19.2.290. PMID: 15222822.
(8) Costa A, Foucart A, Hayakawa S, Aparici M, Apesteguia J, Heafner J, Keysar B. Your morals depend on language. PLoS One. 2014 Apr 23;9(4):e94842. doi: 10.1371/journal.pone.0094842. PMID: 24760073; PMCID: PMC3997430.
(9) Díaz-Lago M, Matute H. Thinking in a Foreign language reduces the causality bias. Q J Exp Psychol (Hove). 2019 Jan;72(1):41-51. doi: 10.1177/1747021818755326. Epub 2018 Feb 16. PMID: 29451106; PMCID: PMC6295649.
(10) Gao S, Zika O, Rogers RD, Thierry G. Second language feedback abolishes the "hot hand" effect during even-probability gambling. J Neurosci. 2015 Apr 15;35(15):5983-9. doi: 10.1523/JNEUROSCI.3622-14.2015. PMID: 25878271; PMCID: PMC4397599.
(11) Thierry G, Athanasopoulos P, Wiggett A, Dering B, Kuipers JR. Unconscious effects of language-specific terminology on preattentive color perception. Proc Natl Acad Sci U S A. 2009 Mar 17;106(11):4567-70. doi: 10.1073/pnas.0811155106. Epub 2009 Feb 24. PMID: 19240215; PMCID: PMC2657373.
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