Cos'è il foreign language effect?
- elisa zordan
- Mar 22, 2024
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Se ci chiedessero di prendere una decisione importante per la nostra vita o di fare un ragionamento logico o valutare la probabilità che un evento si verifichi, lo faremmo cercando di essere razionali e saremmo convinte di essere nel pieno delle nostre facoltà mentali. Alcune ricerche dimostrano, tuttavia, che c'è un nuovo elemento (oltre ai ben noti bias) a disturbare la presunta linearità del nostro ragionamento: la lingua di utilizzo.
Pare infatti che, in determinati contesti, l'utilizzo di una lingua straniera possa influenzare le nostre scelte. Il pioniere di questo filone di studi relativamente recente è Boaz Keysar, il cui gruppo di lavoro ha pubblicato nel 2012 un articolo dal titolo "The Foreign-Language Effect: Thinking in a Foreign Tongue Reduces Decision Biases" (Keysar et al., 2012). L'articolo descrive un esperimento in cui ai partecipanti è stato sottoposto il famoso dilemma della malattia asiatica nella loro lingua nativa e nella lingua straniera che conoscevano. Nel suddetto dilemma viene preannunciato l'arrivo di una temibile malattia asiatica e viene richiesto di scegliere quali misure intraprendere per combatterla. A metà dei partecipanti si propone di scegliere fra opzioni che prospettano un "guadagno" in termini di vite salvate:
Programma A: 200 persone si salveranno
Programma B: C’è 1/3 della probabilità che 600 persone si salvino, e 2/3 della probabilità che nessuno si salvi.
All'altra metà dei partecipanti si propone di scegliere fra opzioni che sottolineano la perdita di vite:
Programma A: 400 persone moriranno
Programma B: C’è 1/3 della probabilità che nessuno muoia, e 2/3 della probabilità che muoiano tutti.
Come è evidente, le due versioni sono matematicamente equivalenti. Normalmente, tuttavia, le persone tendono a essere influenzate dal contesto di scelta (Twersky & Kahneman, 1981): nella versione in cui si prospetta un guadagno i partecipanti mostravano avversione al rischio e sceglievano il programma A, mentre nella versione in cui si prospetta una perdita mostravano propensione al rischio e sceglievano il programma B. Quando Keysar ha sottoposto il dilemma della malattia asiatica nelle due condizioni di lingua straniera e lingua nativa, ha riscontrato un livellamento delle scelte: le scelte non apparivano più influenzate dalla cornice in cui venivano presentate.
Il foreign language effect pare inoltre ridurre le correlazioni illusorie. In certe circostanze si tende a trovare relazioni causali dove non ce ne sono, generando il cosiddetto bias dell’illusione di causalità (Matute et al., 2015). Esso consiste appunto nel sovrastimare il grado di causalità tra due eventi, o credere che due eventi siano correlati causalmente anche quando non lo sono. Il bias di relazione di causalità esacerba alcuni problemi sociali quali le bolle finaziarie (Malmendier & Tate, 2005), la dipendenza da gioco d’azzardo (Orgaz et al., 2013), la tendenza a credere nelle pseudoscienze (Matute et al., 2011), nel paranormale (Blanco et al., 2015), e nell’omeopatia (Blanco et al., 2014) e, non ultimo, incidenza degli stereotipi sociali (Murphy et al., 2011). Dìaz-Lago e Matute hanno sottoposto i partecipanti a un compito chiamato contingency learning, che viene normalmente usato per individuare le illusioni causali. I partecipanti che hanno svolto il compito nella lingua straniera hanno dimostrato maggiore accuratezza nel determinare quando due eventi sono causalmente non relati (Díaz-Lago & Matute, 2019).
Un tipo di correlazione illusoria molto comune in contesti come il gioco d’azzardo è il cosiddetto “errore della mano calda” (hot-hand fallacy): la tendenza ad aspettarsi un esito positivo dopo una serie di esiti positivi precedenti, anche quando gli eventi sono indipendenti. Anche se i risultati positivi o negativi sono imprevedibili o completamente casuali (come i numeri che usciranno al lancio dei dadi o alla roulette) i risultati positivi o negativi possono influenzare le successive decisioni (per esempio, alzare la posta o ritirarsi dal gioco). Questa fallacia nasce dal fatto che l’autocorrelazione di risultati positivi è erroneamente sovrastimata e si tende a pensare che rifletta una sequenza continua di risultati positivi. Uno studio su bilingui cinese-inglese ha osservato che in un gioco di scommesse in lingua nativa c’è maggiore tendenza a scommettere dopo una vittoria rispetto a quando il gioco viene svolto in lingua straniera (Gao et al., 2015).
Forse, i risultati più controversi nella ricerca sul foreign language effect si hanno negli esperimenti sulle scelte morali. Il foreign language effect sembra suscitare scelte morali più utilitaristiche e/o meno deontologiche in dilemmi morali quando questi vengono somministrati in lingua straniera. Nel dilemma del Trolley (vedi immagine successiva) viene descritto un treno che corre su un binario che si biforcherà in due: da una parte ci sono cinque operai al lavoro, dall’altra solo uno. Il treno devierà dalla parte dei cinque operai, a meno che non si scelga di tirare una leva. Tirare la leva rappresenta la scelta più utilitaristica, perché il partecipante deciderebbe attivamente di uccidere una persona per salvarne cinque, massimizzando il bene collettivo (un morto è meglio di cinque morti). Decidere di non intervenire, invece, rappresenta la scelta deontologica poiché la vita di ogni singolo operaio viene considerata inalienabile, e non è ammissibile un conteggio matematico per stimare il valore delle vite umane.

Il Footbridge problem, invece, è una variante del dilemma precedente (si veda l'immagine più in basso). Si sta osservando da un ponte un treno che avanza e che presto arriverà ad investire cinque operai. L’unica possibilità per fermarlo è quella di spingere giù dal ponte un uomo molto pesante che si trova al nostro fianco. In questo caso, la scelta utilitaristica sarebbe quella di spingere l’uomo: sacrificarne uno per salvarne cinque massimizza matematicamente il vantaggio collettivo. Scegliere di non intervenire, valorizzando la vita di ciascuno, sarebbe la scelta deontologica.

Costa (2014) ha testato entrambi i dilemmi con persone di varie madrelingua e varie combinazioni linguistiche, rilevando che quando il dilemma del Footbridge veniva presentato in lingua straniera le scelte utilitaristiche raddoppiavano, mentre per il dilemma Trolley non c’era quasi nessuna differenza percentuale (Costa et al., 2014). Si ha continuato a trovare conferme di quello che è stato chiamato “moral foreign-language effect” riscontrato nel Footbridge ma non nel Trolley in varie combinazioni linguistiche: madrelingua di inglese, ebraico e coreano con lingua straniera francese, spagnolo o inglese rispettivamente, e madrelingua italiani con lingua straniera inglese e tedesco (Geipel et al., 2015).
Altri studi sul foreign language effect si sono concentrati invece sulla riduzione dell'emotività. In contesti che suscitano emotività, si osserva riduzione della risonanza emotiva, ovvero un aumento della distanza psicologica e una diminuzione dell’emotività suscitata da un evento. Per esempio, pare più facile parlare di argomenti imbarazzanti in una lingua straniera che nella lingua madre. Studi di monitoraggio elettrodermico hanno riscontrato un’ampiezza minore della conduttanza cutanea quando parole tabù e rimproveri infantili (es. “Vergogna!”) sono presentate in lingua straniera (Harris et al., 2003). Anche a livello conscio, le parole emotive in lingua straniera vengono ritenute meno evocative emotivamente. Similmente, informazione testuale come slogan pubblicitari in LS viene percepita come meno emotiva (Puntoni et al., 2009).
Sono state avanzate diverse proposte in merito alle ragioni sottostanti il fenomeno del foreign language effect. Una prima spiegazione considera che, come già accennato, con l’utilizzo di una lingua straniera si riscontra una minore risonanza emotiva. Il fatto che non ci sia foreign language effect con il dilemma del Trolley ma che ci sia con il dilemma del Footbridge parrebbe suggerire che il foreign language effect avvenga non a causa di un maggiore affidamento al sistema di pensiero analitico, ma a causa di una riduzione delle reazioni emotive associate alla violazione delle regole deontologiche (Costa et al., 2014). Anche Keysar (ibid.) sostiene che la diminuzione dell’avversione alle perdite in un framing positivo avviene perché nell’utilizzo della lingua straniera c’è più distanza cognitiva ed emotiva rispetto all’utilizzo della lingua nativa.
Una seconda spiegazione è legata alla fluidità cognitiva. La fluidità cognitiva è un fattore che promuove la deliberazione, ed è favorita nella lingua madre poiché i contesti familiari e conosciuti richiedono uno sforzo cognitivo ridotto rispetto ai contesti nuovi e sconosciuti, come quelli legati alla lingua straniera. Secondo Kahneman (2012) qualsiasi fattore, qualunque sia la sua origine, che aumenti la tensione cognitiva e riduca la fluidità cognitiva stimolerebbe processi analitici legati al giudizio utilitaristico. In base a questo è possibile prevedere un minore impatto di alcuni bias euristici in lingua straniera. D’altro canto, si potrebbe anche arrivare alla conclusione opposta: il maggior carico cognitivo previsto dall’utilizzo di una lingua straniera dovrebbe sottoporci stress e aumentando l’incidenza dei bias.
La spiegazione della risonanza emotiva e quella della fluidità cognitiva arrivano a due conclusioni apparentemente opposte: la prima afferma che il giudizio è alterato a causa di un indebolimento del pensiero deontologico, la seconda afferma che esso è alterato da un rafforzamento del pensiero utilitaristico.
Una terza spiegazione coinvolge le norme sociali e fa particolarmente riferimento agli esperimenti sul moral foreign language effect. Si considera che le società in cui si parlano alcune lingue tendono a essere più collettiviste, e altre più individualiste. Per esempio, le società ispanofone tendono a essere più collettiviste di quelle anglofone. Se utilizzare lo spagnolo “innescasse” tali norme sociali, un nativo anglofono esposto a un dilemma in spagnolo potrebbe essere portato a preferire il bene comune a costo di calpestare i diritti dei singoli non perché sta utilizzando una lingua straniera che “disabilita” parte della sua emotività o favorisce il sistema di pensiero analitico, ma perché la lingua straniera attiva le norme sociali a lei associate. Tuttavia, i risultati del dilemma del Footbridge mostrano un effetto indipendente dalla cultura associata alla lingua nativa e da quella associata alla lingua straniera. Forse, le norme sociali sono parte della spiegazione del fen, ma in quanto quest’ultimo riduce l’attivazione di norme morali quando si compiono giudizi morali.
In conclusione, è probabile che le varie spiegazioni non siano mutualmente escludibili e che risonanza emotiva, fluidità cognitiva e norme sociali concorrano all’effetto.
Bibliografia
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Tversky, A., & Kahneman, D. (1981). The Framing of Decisions and the Psychology of Choice. Science, 211(4481), 453–458.
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